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MONZESI
Roberto Conti
Intervista di Carlo Vittone sul  libro MONZESI - cinquanta personaggi della città


Roberto Conti    Nato a Monza nel 1953, celibe. Studi al liceo scientifico Frisi, poi si iscrive alla facoltà di Economia aziendale alla Bocconi. Nel 1976 viene eletto consigliere alla circoscrizione 1 per il Partito Liberale. Dal 1980 collaboratore fisso de "11 Cittadino". Dal 1983 Conservatore del Duomo di Monza e dell'annesso Museo Serpero. Nel 1981 fonda "Monzasprint", periodico dell'associazione "Amici dell'autodromo". Nel 1986 fondatore della rivista "Studi monzesi" e collabora nel 1987 alla fondazione della Società di Studi monzesi. Nel 1998 riceve il "San Giovanni d'oro", prestigiosa onorificenza del Comune di Monza. Nel 2000 è nominato vicepresidente della Promonza, della quale fa parte dal 1987. Dal 2000 è vicepresidente della Società di Studi Monzesi e presidente dell'Associazione Amici dell'Autodromo, della quale risulta fondatore. Dal 2001 crea e presiede 1' "Associazione Monza Automoto storiche". Innumerevoli le pubblicazioni di storia monzese e i contributi di storia medievale su libri c riviste. Ricordiamo la "Guida alla conoscenza del Tesoro del Duomo di Monza" (1982) e "Il Duomo di Monza 1300-2000" (1999) in occasione del settecentesimo anniversario della maggior edificio religioso della città.

foto di Fabrizio Radaelli


Il suo curriculum è sterminato, il suo volto è noto a mezza Monza, il suo ruolo di conservatore del Duomo e del Museo Serpero, oltre che la sua nota passione per l'autodromo cittadino, lo pongono spesso alla ribalta nel mondo che conta, i suoi articoli sul più diffuso settimanale locale sono un appuntamento fisso per i lettori. Parrebbe perfettamente "integrato" nella città e con la città. Eppure, quando gli chiediamo un giudizio globale su Monza, mena fendenti che ci lasciano stupiti mentre ci parla accompagnato da un sottofondo musicale mozartiano.

Che immagine ha della città?

Un'immagine opaca, senza dubbio. Monza è una città che certamente va bene dal punto di vista economico, con una diffusa ricchezza ben visibile a chiunque, ma che non è all'altezza della sua storia e neppure capace di uscire da un eterno provincialismo, da una grande pigrizia mentale nell'affermare le proprie potenzialità.

Una bocciatura radicale?

No, si tratta di distinguere. Esistono anche esperienze molto positive nella nostra città. Ad esempio la notevolissima tradizione nel campo del volontariato e dell'associazionismo, dove, come numero di associazioni in rapporto al numero di abitanti, siamo ai primi posti in campo nazionale. Ma accanto a questo non si può non denunciare che la triade "economia-profitto-risparmio" produce una scala di valori che vede al primo posto il denaro e l'accumulazione fine a se stessa. Il monzese tipico spesso accumula soldi solo per tenerseli in casa. Gli episodi di mecenatismo disinteressato in campo culturale si contano sulle dita di una mano: potrei qui ricordare solo figure come Franco Gaiani e Giulio Fumagalli. Oltre a loro, pochi altri. E questo fenomeno produce inoltre una generale diffidenza verso il nuovo, che attraversa anche il mondo giovanile.

Non mi starà diventando un marxista, proprio Lei che proviene da una tradizione cattolica e liberale?

(ride) No, no, non credo proprio. Anzi, Monza è una città con profonde radici cattoliche ed è proprio la generosità cattolica, da noi monzesi vissuta come un vero atto di fede, che addolcisce, che mitiga questa situazione. Ma questo egoismo di fondo della società monzese produce anche un generale appiattimento verso il basso. Persone capaci e valide ce ne sono molte in città, ma non sono valorizzate e risultano disperse e isolate. Anche la classe dirigente, salvo rari esempi, rispecchia questo dato. Si è mai chiesto perché la vita politica cittadina negli ultimi trent'anni sia stata così travagliata? Con continue crisi e avvicendarsi di sindaci? Anche questo è un dato su cui riflettere. E poi mi spaventa una generale incultura che si diffonde sempre più. Non le sembra assurdo che i Musei Civici siano stati smobilitati vent'anni orsono e mai più riaperti? Ma quanto spende Monza per la cultura a confronto con città simili, come Bergamo, Mantova, Ferrara o Treviso? Bisognerebbe fin da subito aumentare gli investimenti in questo settore, non sono soldi sprecati, i risultati verranno col tempo.

Alcuni sostengono che ciò accada perché Monza non è provincia.

Io capovolgerei il ragionamento. Io sono convinto che Monza è così non perché non sia provincia, ma non è provincia perché non merita di essere provincia. Può apparire un paradosso, ma è la verità.

Un'analisi spietata la Sua. Ma quando ha origine questa situazione?

Non so, bisognerebbe studiare meglio la questione. Ma io credo che Monza, città di prestigiose e antiche tradizioni in epoca medievale e in epoca moderna, almeno fino al '700, abbia attraversato una grave crisi tra `800 e `900, all'epoca della prima industrializzazione. Quella nobile tradizione di cui si nutriva la città si è sfilacciata nel passaggio di secolo. Credo si potrebbe considerare anche il regicidio di Umberto 1 come elemento che ha contato in questo processo. Siamo sempre più diventati succubi della grande Milano e abbiamo perso l'identità di una città che nel suo glorioso passato era stata capitale d'Italia e che ospita la Corona Ferrea, una delle più importanti vestigia nazionali. Ma non vede come nel `900 è cominciato il degrado della Villa Reale e del Parco? E anche l'Autodromo, che è un bene importantissimo della città, a mio parere non è adeguatamente valorizzato.

Già, l'Autodromo. È noto che in Lei convivono l'attività di conservatore museale e medievalista di chiara fama con una accesa passione per il mondo ipertecnologico dei motori della Formula Uno. Ma come riesce a conciliare due mondi così lontani?

Sì, forse questo se lo potrebbero chiedere in tanti. Il fatto è che in entrambi i casi mi spinge l'amore per Monza. Sia il Duomo che l'autodromo sono un patrimonio della nostra città, sono due riferimenti storici per Monza, e dunque, anche se apparentemente possono parere distanti, non vi è contraddizione nell'amarli entrambi.

Ma Lei che rapporto ha con la moderna tecnologia?

Pessimo direi. Pensi che non so usare il più banale computer e tutto ciò che scrivo - e a volte sono tante e tante pagine - lo scrivo ancora a mano o al massimo con una vecchia Olivetti. Per fortuna la mia assistente provvede poi a trascrivere i testi. L'estate scorsa mi si è rotta la segreteria telefonica e non l'ho ancora sostituita. Ho scoperto che vivo meglio senza.

E se Le offrissero di guidare una vettura di Formula Uno?

Scherza? Non saprei nemmeno da dove cominciare...

Carlo Vittone


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 20 marzo 2004